lunedì 14 gennaio 2019

Parlare è il primo passo del percorso “Psicologicamente”, gli incontri di supervisione e formazione intrapresi dalle educatrici dell’Asilo Nido “Mariangela Furone”di Fonte Nuova.



Imparare cose nuove è straordinario, una grande risorsa. Non tenersi aggiornati vuol dire “affievolire” la propria professionalità. Uscire fisicamente da un “servizio” e acquisire nuove chiavi di lettura grazie al confronto con colleghe e professioniste del settore, dà nuovo slancio. E’ questo il motivo per cui il Consorzio Intesa investe nella formazione continua e nella supervisione. Sempre.
Oggi vogliamo portarvi ad esempio gli incontri di supervisione e formazione, che hanno luogo con cadenza quindicinale, delle educatrici dell’Asilo Nido “Mariangela Furone” di Fonte Nuova, presso l’Associazione “Psicologicamenteonline”. Quando si seguono percorsi di formazione e supervisione professionale, con professionisti del settore, si ha un vantaggio enorme, perché ci si confronta con chi ha conoscenze pratiche e altamente qualificate. Finché non ci si guarda intorno, non si può sapere chi si sia effettivamente e quali sono i propri limiti e punti di forza. Si crede di conoscerli, ma il confronto con altre persone e con nuove sfide mostrano un nuovo punto di vista. Mettersi  in gioco con un percorso formativo ha come obiettivo prepararsi alla prossima sfida. L’atteggiamento è vincente all’origine! Un nuovo ambiente, nuove persone, “problematiche” da esplorare con altri da sé incedono all’introspezione, per guardarsi con occhi nuovi e per riconsiderare il proprio percorso professionale.
E’ quello che accade negli incontri cui partecipano a “Psicologicamente” le ambiziose e puntuali educatrici del “Mariangela Furone”.  L’esperienza è descritta dalle educatrici del come densa da più punti di vista perché gli incontri oltre ad avere un carattere teorico hanno anche un carattere pratico-esperenziale. La particolarità di questa tipologia di incontri è che non vengono affrontati argomenti già programmati, ma si affrontano tematiche in base alle esigenze delle educatrici che, di volta in volta, portano un “caso-argomento” da affrontare. Insieme. Negli incontri emergono dinamiche che vengono “sviscerate” insieme e che poi le educatrici dovranno saper gestire.
Le educatrici hanno riscontrato grande giovamento dagli incontri anche per quanto riguarda le dinamiche all’interno dello staff educativo dell’Asilo Nido.
Al momento in cui le educatrici presentano in supervisione gli argomenti ed i tratti problematici che possano aver rilevato in un dato momento,  segue un momento formativo di “attività pratica” (quali giochi di ruolo, inventare una storia, ecc…) che possono poi essere riproposti ai bambini ma prima… Sperimentati su loro stesse!
Un percorso, insomma. La conoscenza di un nuovo programma o di un approccio diverso ad un problema. Nuovi spunti e fonti d’ispirazione. Connessioni che sbocciano in nuove idee.

venerdì 11 gennaio 2019

Il teatro non è il luogo della realtà: ci sono alberi di cartone, palazzi di tela, un cielo e un sole di cartapesta. Ma è il luogo del vero perché ci sono cuori umani dietro le quinte, nella sala, sul palco. Al teatro del Centro Diurno per Minori di Monte San Biagio ci sono cuori bambini.



In un Centro Diurno per minori, il fine principale è la costruzione di una relazione educativa equilibrata e questa passa attraverso tutti gli aspetti della vita quotidiana: il supporto scolastico, il gioco, le attività manuali, il dialogo e l’ascolto, il contenimento fisico e verbale. Al Centro Diurno per Minori di Monte San Biagio, a seguito dell’osservazione condotta all'inizio dell’anno scolastico sui minori, sono stati strutturati diversi laboratori a sostegno degli obiettivi prefissati: un laboratorio di teatro d’animazione, un laboratorio artistico-espressivo, un laboratorio di alfabetizzazione emotiva, un laboratorio ludico-ricreativo e un laboratorio di psicomotricità. Ogni laboratorio si svolge a cadenza settimanale ed utilizza una metodologia partecipativa.
In questo articolo vi presentiamo il “Laboratorio di teatro di animazione”. Il “Laboratorio di teatro di animazione” è stato ideato in quanto si utilizzano le arti dello spettacolo per far emergere le capacità di ogni bambino e li aiuta a tirar fuori le loro doti mettendo in gioco l’essenza di ognuno e favorendo, soprattutto, l’integrazione, la disciplina, l’aggregazione, la riflessione e l’educazione. L’obiettivo è quello di dar vita ad uno spettacolo finale, che si terrà in aprile, dove ogni aspetto è curato e creato dai bambini. La scelta è caduta su questo laboratorio perché permette al bambino di acquisire maturazione, sicurezza e sviluppare l’autostima in quanto si trova coinvolto in un processo educativo.
Oggi vogliamo parlarvi di un appuntamento del laboratorio mirato ad acquisire sicurezza e confidenza con il gruppo. L’appuntamento di questa settimana ha previsto un’esercitazione sul corpo, con due diverse attività riguardanti le parti del corpo. L’esercitazione, guidata da un’educatrice e supportata dalle altre operatrici, è consistita in un “incontro” frontale dei bambini, accomodati sulle sedie, a due a due, ed ha coinvolto per alcuni minuti i bambini in un massaggio delle mani  del rispettivo compagno e viceversa. A seguire, un massaggio di gruppo, in cui, a turno, ogni bambino è stato posto al centro e gli altri a fungere da massaggiatori. Tutti protagonisti, come sempre. L’attività è risultata per i bambini molto entusiasmante e rilassante, perché, oltre al senso di rilassamento generato dal contatto, a far da “scenografia” e rendere tutto più suggestivo c’è stato un bellissimo tramonto terso invernale che caratterizza la veduta delle finestre di quelle aule.

giovedì 10 gennaio 2019

Il “Gigante Buono” di Villa Angelina.



Ci eravamo ripromessi di raccontarvi, una ad una, tutte le storie di vita degli ospiti di “Villa Angelina”, la comunità alloggio per persone con problematiche psico-sociali per adulti di Sora, gestita dal Consorzio Intesa.
Oggi, con il pudore e la stretta al cuore di chi si accinge a raccontare un altro vissuto molto tormentato, vi porteremo una storia tutta al maschile. Il protagonista lo chiameremo  il “Gigante Buono”. “Gigante” per le sue grandi dimensioni fisiche. Ma anche perché fin da bambino questo uomo ha sognato tanto, e l’uomo che sogna è un gigante che divora le stelle. E “Buono”, come il pane che lo ha nutrito e lo ha fatto diventare grande. Nutrito a pane, sì. Ma anche poco affetto.
Il “Gigante Buono” ci racconta la sua storia. Quando ci accoglie a Villa Angelina, ci invita ad entrare nella sua stanza. Da dove cominciare? Chiedi alla polvere. La polvere sa tutto, copre i ricordi. Il nostro amico apre i suoi cassetti e, fiero, ci mostra le sue foto di gioventù. “Da quando hai visto quelle foto, ti incanti a guardarle. Sembra felice, molto felice ed è giovane, come si addice agli eroi. Bello non potresti dirlo ma neppure negarlo. E comunque non appare eroico per nulla. Colpa delle risate che chiudono i suoi occhi e mettono a nudo i denti, un riso non fotogenico ma schietto da renderlo stupendo”. È fiero il gigante buono di mostrarsi nel vigore della sua gioventù. Poi cominciano a fuoriuscire le parole. E’ stato un gran lavoratore, mostra con orgoglio il suo “libretto del lavoro”. Il “Gigante Buono” è molto credente, la fede è la sua ragione. Apre diverse scatole piene d’immagini sacre che riecheggiano anche appese alle pareti, ovunque nella stanza. Tra i suoi sogni di bambino, tale era la sua fede, custodiva quello di prendere i voti e farsi prete.  Ma. Parafrasando i versi di un testo di una canzone del cantautore Max Gazzé, il “Gigante Buono” viveva in una realtà familiare difficile di chi è: “chino su un lungo e familiar bicchier di vino partito per un viaggio amico e arzillo, già brillo”. Così, quando il “Gigante Buono” esprimeva il suo sogno, veniva disconosciuto.
Un’infanzia negata. Poi la giovinezza, il duro e onesto lavoro, le esperienze negative. L’assoluzione: sempre.
Il “Gigante Buono” ha usato la voce per raccontarsi. “La voce è più che un urlo gigantesco, e ti dice che la vita è una cosa immensa e solo quando glie l’hai sentito dire sai veramente cosa fare per continuare a vivere”.

mercoledì 9 gennaio 2019

La felicità nel bene che si fa, nella gioia che si diffonde, nel sorriso che si fa fiorire, nelle lacrime che si asciugano: l’assistente a sostegno della persona e della famiglia nel Sistema della Domiciliarità. Oggi la testimonianza di Maria Rosaria Camillacci, assistente familiare, Referente Territoriale del Servizio di Assistenza Domiciliare e Familiare dal 2017.



Il Consorzio Intesa eroga il Servizio di Assistenza domiciliare coprendo in maniera capillare tutti e 27 i comuni del distretto sanitario FR/C, operando con numerosi operatori ed uno staff di professionisti che ne fa la supervisione. Con questo articolo, vogliamo dare il via ad un percorso che faremo con il gentile contributo degli operatori socio-sanitari impiegati sul Servizio. Tema principale sarà il ruolo dell’assistente a sostegno della persona e della famiglia nel Sistema della Domiciliarità. Vogliamo incontrare tutti gli operatori del servizio che vivono la fatica della cura tra emozioni e rapporti che coinvolgono.
Oggi vogliamo cominciare con la testimonianza di una persona dello staff che si occupa della supervisione: Maria Rosaria Camillacci, assistente familiare attiva sul servizio dal 2012, Referente Territoriale del Servizio di Assistenza Domiciliare e Familiare dal 2017.
Racconta, Maria Rosaria, partendo dal 2012, quando la sua esperienza lavorativa, fino ad allora, si era svolta esclusivamente in laboratori che prevedevano l’occupazione di diversamente abili o in centri residenziali e di prima accoglienza, in un lavoro guidato da “codici”. Pensava a questo mentre, in una mattina di giugno, attendeva la collega che l’avrebbe affiancata nella prima settimana di lavoro nell’assistenza domiciliare. “Se proprio devo essere sincera”, dice Maria Rosaria, “un pregiudizio mi aveva sempre accompagnato riguardo all’assistenza a domicilio. Immaginavo la vecchietta simpatica, dispensatrice di caramelle e di buoni consigli, forse un po’ smemorata, continuamente bisognosa di compagnia e di chi le ricordasse di prendere le medicine, che le riassettasse la casa”.
“Che sarà mai, mi ripetevo, come un mantra”, continua. “La verità è che io sapevo benissimo che mi stavo avventurando per mari che non avevo mai solcato, stavo per entrare nelle case delle persone, nel posto più intimo della loro esistenza, nelle stanze da letto e nelle cucine in cui loro avevano vissuto gli anni della giovinezza, dove un movimento maldestro avrebbe potuto mandare in frantumi un ricordo carissimo o uno specchio. Un’estranea che si avvicina al focolare di estranei, con un sorriso teso, una gentilezza forzata, una vecchia tuta da ginnastica sciatta e scarpe che avevano visto tempi migliori. Il disagio mi assaliva”.
L’attesa finì e Maria Rosaria iniziò la sua settimana di prova.
Dopo pochi giorni le sembrava di aver fatto quel lavoro da una vita. Lei entrava nelle case e pur essendo “un’estranea” era come se ci fosse sempre stato un posto per lei lì dentro. Iniziò con casi abbastanza complessi, eppure, seppe che la maggior parte degli utenti era soddisfatta di lei, del suo modo scherzoso di approcciarsi a ogni situazione, della sua padronanza nella lettura dei fogli illustrativi (non scherza!), della velocità e della discrezione con cui si muoveva nell’ambiente domestico. Il pregiudizio che la accompagnava prima dell’esperienza era stato smontato.
Continua, Maria Rosaria: “Non sono una dama di compagnia, né un’infermiera e tantomeno una badante. L’assistente familiare si può dire “trasversale” rispetto a queste figure professionali. La mia figura è un supporto alla persona volta a favorire il mantenimento delle capacità partendo dall’istaurazione di un rapporto emozionalmente significativo con l’utenza. Il badante si occupa della persona, l’assistente familiare, oltre a fornire aiuto pratico e logistico, istruisce la famiglia su come supportare al meglio il proprio caro in difficoltà, alleggerendo per quanto possibile il carico familiare, oppure indirizza l’assistito verso una vita salubre, sicura e attiva, lo incoraggia nelle relazioni sociali e sbriga per lui o lei piccole pratiche.”
“Da quella mattina di fine giugno son passati sei anni e mezzo e nel frattempo sono anche diventata Referente territoriale”, conclude Maria Rosaria, “ho visto il dietro le quinte che per anni sono stata curiosa di conoscere. I colleghi “anziani”, che alla prima riunione d’équipe guardavo con timore reverenziale sono adesso i miei collaboratori più fidati, sempre pronti ad intervenire per risolvere le problematiche inerenti all’utenza.”
Questo per Maria Rosaria, che ringraziamo per l’autenticità delle sue parole che ci hanno davvero emozionato, è l’assistenza domiciliare: un supporto discreto, ma solido e competente. Ogni mattina indossa  la tuta da ginnastica, le scarpe comode, la coda alta: sono la sua divisa! Si mette il camice bianco e suona al campanello del primo utente. Si presenta e inizia, sempre con lo stesso entusiasmo del primo giorno, sempre pronta con una parola di conforto, se è una giornata storta. Le soddisfazioni sono numerose, perché Maria Rosaria si sente davvero di supporto per i suoi utenti e tra di loro gode di una stima molto alta. Si ritiene soddisfatta del suo operato. E il Consorzio Intesa lo è di lei.

martedì 8 gennaio 2019

Papa Francesco ha detto: “Bisogna andare oltre, oltre il buio, oltre il fascino delle Sirene, oltre la mondanità, oltre tante modernità che oggi ci sono, andare verso Betlemme, là dove, nella semplicità di una casa di periferia, tra una mamma e un papà pieni d’amore e di fede, risplende il Sole sorto dall’alto, il Re dell’universo. Sull’esempio dei Magi, con le nostre piccole luci, cerchiamo la Luce e custodiamo la fede”. Là sono andati i bambini del Centro Diurno per Minori di Lenola “L’Aquilone” con il loro presepe vivente.



Il 5 gennaio presso il centro storico di Lenola ha avuto luogo la rappresentazione “Il Presepe Visto con Gli Occhi dei Bambini” organizzata dal Centro Diurno per Minori “L’Aquilone”, gestito dal Consorzio Intesa, in collaborazione con l’amministrazione comunale di Lenola.
Il quesito che gli operatori si sono posti è stato: i “pastori” del nostro tempo come si rapportano con l’altro da sé, con la società, con la fede? A fronte di un momento storico ricco di contraddizioni, la rappresentazione ha cercato di far breccia negli occhi e nel cuore degli spettatori all’insegna della magia e del significato più profondo del Natale e dell’Epifania.
La rappresentazione, diretta da Noemi Guglietta, con i testi di Ermete Labbadia, ha visto la partecipazione di grandi e piccini. Le operatrici e le mamme, con molto impegno, hanno preparato i costumi, trovato attrezzi per la scenografia, colorato, cercato frutta, accessori indispensabili per la buona riuscita della rappresentazione storica dei loro bambini. Fondamentale anche la forza maschile, che è stato il pilastro portante delle creazioni.  Gli adulti hanno cooperato tutti insieme per costruire il presepe che i bambini hanno animato. Grande lo stupore negli occhi dei bambini quando sono arrivati indossando l’abito di scena, ed hanno visto le loro postazioni da animare. Animare, sì. Con la loro purezza. La loro vitalità e passione. Il loro respiro. La loro energia. La loro gioia di essere protagonisti di una rappresentazione,  messaggio di vita. Epifania deriva dal greco ἐπιφάνειαepipháneia, che significa “manifestazione”, “apparizione”, “venuta”, “presenza divina”. Nella nostra tradizione cristiana, Epifania assume il significato di prima manifestazione dell’umanità e divinità di Gesù Cristo ai popoli di tutto il mondo, simboleggiati dai Magi che gli fanno visita, rendendogli omaggio, portando in dono oro, incenso e mirra. Così, sull’esempio delle parole di Papa Francesco: “Bisogna andare oltre, oltre il buio, oltre il fascino delle Sirene, oltre la mondanità, oltre tante modernità che oggi ci sono, andare verso Betlemme, là dove, nella semplicità di una casa di periferia, tra una mamma e un papà pieni d’amore e di fede, risplende il Sole sorto dall’alto, il Re dell’universo. Sull’esempio dei Magi, con le nostre piccole luci, cerchiamo la Luce e custodiamo la fede”. Là sono andati questi bambini. E sono stati bravi. Bravissimi. Applausi.

sabato 5 gennaio 2019

Udite, udite!!! All’Asilo Nido “L’Ape Maia” di Monte San Giovanni Campano l’abbiamo già vista la Befana! Era su nel cielo che volava con la scopa ed i calzini e si è “intrufolata” nel nostro Nido per portare gioia ed amore a ogni bambino!



La storia della Befana inizia nella notte dei tempi e discende da tradizioni magiche precristiane. Il termine “Befana” deriva dal greco “Epifania”, ovvero “apparizione”. La Befana si festeggia, quindi, nel giorno dell’Epifania, che, come si suol dire… Tutte le feste porta via. Ma, forse a causa del forte vento di tramontana che soffia in questi giorni, la vecchietta con il naso lungo e il mento aguzzo, è arrivata con un po’ di anticipo all’Asilo Nido “L’Ape Maia” di Monte San Giovanni Campano.
Se si sa quanto sia bello ciò che ci aspetta, è bella anche la sua attesa. E infatti, appresa la notizia della sua imminente straordinaria venuta,  le nostre piccole apine hanno atteso, con tanta gioia ed entusiasmo, la vecchina. Fin dal primo mattino e si sono messe subito all’opera per mostrarle le calze da loro realizzate! Laboriose come solo loro sanno essere, intonando la filastrocca “La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte col cappello alla romana viva viva la Befana!”,  sono ordinatamente entrate nella stanza adibita ai laboratori e, con l’aiuto delle educatrici, hanno realizzato una calza. Dalle educatrici sono stati forniti loro dei fogli con su disegnata una calza, ricca di dolcetti, e colla e loro la hanno decorata con materiali di riciclo: pezzette di velluto, lana, raso e alluminio colorato per i dolcetti.
Poi, trascorso il tempo dell’attesa… Tutti raccolti per la magica apparizione! E… Meraviglia, la Befana è arrivata! Indossando un gonnellone scuro ed ampio, un grembiule con le tasche, uno scialle, un cappellaccio in testa. Il tutto vivacizzato da numerose toppe colorate… Proprio come quelle utilizzate dai bambini per personalizzare la loro calza nel laboratorio didattico!!!
La Befana ha viaggiato su di una scopa in lungo e in largo prima di arrivare al Nido, portando dolcetti per tutti i bambini! Sorpresa: nel fondo del sacco colmo di prelibatezze non vi è stato neppure un pezzetto di carbone o una buona dose di cenere per i bambini meno buoni, perché all’Asilo Nido “L’Ape Maia” di bambini birichini non ve sono!
Sorrisi, stupore, saluti, elargizione compiuta, la vecchina è rimontata in sella alla sua scopa per raggiungere  di nuovo le apine, e tutti i bambini del mondo, questa notte. Volando sui tetti, trasportata dalla tramontana, si calerà nelle loro case, magari dai camini, con un sacco stracolmo di giocattoli, cioccolatini e caramelle, riempiendo le calze lasciate appese dai bambini. Chissà che i bambini, da parte loro, non preparino per la buona vecchina, in un piatto, un mandarino o un’arancia e un bicchiere di latte vicino al camino. Il mattino successivo, oltre ai doni, i bambini potrebbero trovare il pasto consumato e l’impronta della mano della Befana sulla cenere sparsa nel piatto. Magia!

venerdì 4 gennaio 2019

Collegare un bosco e la magia del Natale. Il Centro Diurno per Minori di Monte San Biagio immerso nell’atmosfera natalizia del Villaggio di Babbo Natale, tra querce secolari, allestito in località Valle Marina.



Il Centro Diurno per Minori di Monte San Biagio non ha chiuso i battenti neppure in occasione delle festività natalizie, anzi, ha continuato a svolgere il suo importante e prezioso ruolo a sostegno dei suoi piccoli utenti. Un’esperienza unica, in un luogo magico, quella che ha catapultato i bambini, i loro genitori e le operatrici del Centro nella vera atmosfera natalizia del Villaggio di Babbo Natale allestito, tra querce secolari, in località Valle Marina (frazione del comune di M.S. Biagio) in un bosco. Nel bosco c’è un cammino, un “percorso guidato”, addobbato e “animato” da ogni albero che, a suo modo, racconta una storia. Tutti gli alberi, così come le persone, hanno una loro personalità e un loro carattere. Se, infatti, il faggio è resistente, alto, determinato e all’occorrenza spietato, e la quercia è saggia, robusta e resiliente, altri alberi rispondono ad altre diverse caratteristiche. È il caso della betulla, indicata come uno tra gli alberi più litigiosi e irritabili. Tra gli alberi, tuttavia, esistono anche sentimenti di amorevole e amicale convivenza. Accade quando due alberi cooperano per giungere insieme ad avere più luce, aiutandosi a vicenda facendo convergere l’uno verso l’altro i propri rami. Insomma, gli alberi ci assomigliano più di quanto pensiamo. Comunicano, hanno personalità e caratteri. Luci, profumi e musiche di sottobosco hanno accompagnato l’allegra brigata in un clima natalizio senza paragoni. E poi ancora casette, un trenino, panchine addobbate a festa, i Re Magi e pupazzi di neve. Grande la soddisfazione delle operatrici nel vedere la meraviglia dei bambini, il loro entusiasmo e allegria, ma soprattutto nel costatare  la condivisione dei momenti con i genitori dei piccoli, che il Centro auspica sempre.
Fare il percorso nel bosco, camminare in gruppo ha rilassato tutti. Collegare bosco e magia del Natale ha avuto un effetto fantastico.
E poi ancora attività come il gioco della tombola, la raccolta delle ghiande dagli alberi di quercia e per chiudere in bellezza… Il gioco del “rubabandiera”, a strappare le ultime risate di queste liete e suggestive giornate perché: “Non siamo più pienamente vivi, più completamente noi stessi, e più profondamente assorti in qualcosa, che quando giochiamo.”